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Maria ha tra i dodici e i tredici anni quando accetta di diventare madre di Gesù, lo fa, prima di tutto, assumendosi in pieno l’impegno di essere donna.
Il secondo gesto dopo il suo si è un cammino verso la cugina Elisabetta, verso la montagna a circa 150 km da Nazareth, a piedi, non si conoscono dettagli del viaggio, se in solitudine o in compagnia, la storia di Maria ha poco di scritto, molto di vissuto.
Provo a sentire cosa deve aver sperimentato una ragazzina che stava prestando il suo grembo per la salvezza del mondo, anche se per molti il suo atto rappresentava assoluta insubordinazione alla legge ebraica, tanto da valere la punizione con la morte violenta.
Sento la sua gioia per una nuova vita, per una voce che si fa carne nel suo corpo, ma sento anche paura, stordimento, timore di non farcela, di non arrivare in fondo, si, nonostante la sua coriacea determinazione, la sento pregna della mia stessa umanità, quell’umanità che ci fa essere ‘mistero’ nei nostri limiti.
Un’altalena di emozioni abita il suo cuore, Dio, un figlio, lo sposo, il mondo, etc etc.
Ma il suo essere più intimo si fida e cammina, non si ferma, il futuro non conta, è il presente il vero protagonista. Il secondo gesto salvifico della sua vita è condividere il suo mistero d’amore con una donna che porta dentro di sè un altro miracolo dell’onnipotenza dell’amore.

L’anima mia magnifica il Signore *
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva. *
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente *
e santo é il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia *
si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, *
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni, *
ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati, *
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo, *
ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, *
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.

Il suo Magnificat è il rovesciamento del nostro pensare abituale negli standard di questo tempo, a Dio nulla è impossibile, Lui che dimora nei nostri cuori ci rende protagonisti del mistero di quell’essere molto di più del nostro dolore, dei nostri limiti, dobbiamo ‘solo’ cedere all’amore per sempre.
Il mio Magnificat è divenuto “tempo e spazio” in una notte piovosa di inizio estate con 100000 persone + una molto speciale, in cammino da Macerata a Loreto, proprio verso quella casa che è stata sede dell’annunciazione di un tempo nuovo, tanto da resettare il tempo in 0, il tempo dell’amore.
Stessa procedura, un si incosciente, altalena di pensieri ed emozioni, paura, stanchezza, cammino, fatica, dolore, gioia, lacrime, il compimento, la condivisione con l’amicizia frutto di bene e preghiera, il mistero, tutto si è compiuto nel totale abbandono a Dio e a Lei, canto di tenerezza e coraggio, al Loro essere in un arcobaleno, nelle lucciole del campo, nel cammino, nel presente di chi ha camminato portando gioie e dolori, lacrime e sorrisi, sogni e desideri in una notte che ha cambiato i cuori di tanti, di chi c’era e di chi abbiamo portato con noi in cammino con preghiere e canti.
L’ingresso alla Santa Casa, l’affidamento allo spazio divino in noi, ci dona speranza per un futuro in cui smettere l’io e il mio, per fare spazio al noi al nostro. Il cammino è il sogno di Dio per la sua creatura nella gioia, in quell’agape assoluta che dimora nell’economia del dono.
In un affollato luogo socio-antropologico io ho sentito forte il bisogno dell’uomo di abbandonarsi all’amore per compiere tutto quello che la ragione non permette di compiere.
28 km in una notte buia mi permettono di dire grazie alla vita, a chi ha camminato con me e ancora a Lei che per me è modello di quell’abitare il presente davvero con coraggio, sempre e solo con un grande raggio di sole nel cuore.
Grazie a te Donna di tutti i tempi.